Il crowdsourcing, le reti d’impresa e i processi produttivi
gennaio 14, 2010 by Italo
Possiamo utilizzare il crowdsourcing per processi produttivi?
Da Wikipedia: “Il termine Crowdsourcing ( da crowd cioè gente comune + outsourcing cioè esternalizzare una parte delle proprie attività) è un neologismo che definisce un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione richiede lo sviluppo di un progetto, di un servizio o di un prodotto ad un insieme distribuito di persone non già organizzate in un team… Inizialmente il crowdsourcing si basava sul lavoro di volontari ed appassionati che dedicavano il loro tempo libero a creare contenuti e risolvere problemi. La community open source è stata la prima a trovarne beneficio. Wikipedia è un esempio di crowdsourcing volontario“.
Come forma di esternalizzazione, il crowdsourcing è fin’ora un modello applicato sopratutto nei nuovi media partecipativi, oltre ad essere sempre più interconnesso ad attività creative: ecco alcuni esempi pubblicati su retail-marketing.it e su repubblica.it fino ad arrivare anche all’ambito politico in UK. Interessante anche il Crowdfunding in ambito scientifico come raccontato nel video di Andrea Gaggioli:
Ma il crowdsourcing è applicabile nelle logiche produttive?
Il contesto globale, sempre più dominato da reti d’imprese, transnazionali e transettoriali, potrebbe essere il terreno ideale?
E’ chiaro che i processi produttivi, legati a scadenze temporali precise, sono oltre wikipedia, collegato alla volontarietà e spontaneità dei contributi.
Il tema è vivo: il prossimo 20 gennaio, l’Università IULM organizza un meeting dal titolo “Crowdsourcing Experience, Logiche collaborative nell’Enterprise 2.0″ che vede la partecipazione di note corporate.
Gianluca Dettori distingue nettamente due livelli e contesti:
- il ‘best effort‘ che riguarda “spontanee contribuzioni” che hanno generato la più vasta e aggiornata enciclopedia del mondo, wikipedia. “Il crowdsourcing è l’unica metodologia efficace per generare un prodotto di questo tipo ed è in grado di scalare praticamente all’infinito”.
- il contesto “enterprise“ in cui è necessario invece ” gestire il processo end-to-end: organizzare e profilare i contributori, assegnare i task e chiudere i processi, remunerare i contributori e verificare i loro deliverables. Se voglio utilizzare il crowdsourcing per fornire servizi di help online e di customer care, ad esempio, devo rispondere entro certi parametri di tempo, costo e qualità alle richieste dei miei clienti”. Per questo, nel contesto enterprise, si parla di Crowdengineering”.
Pensiamo ai distretti, alle reti di imprese, alle filiere che si organizzano, che, non a caso, sono state oggetto di aggiornamento legislativo.
Nel contesto italiano la questione è strategica perchè, se formalizzate, le reti sono nuovo modello di business verso una maggiore efficienza, flessibilità e creatività.
Citando “Fare reti d’impresa. Dai nodi distrettuali alle maglie lunghe: una nuova dimensione per competere”:
- “maggiore efficienza. Lavorando in rete, infatti, si abbassa il costo della conoscenza impiegata e prodotta, grazie alle economie di scala che derivano dalla reciproca specializzazione e dall’ampliamento dei bacini d’uso
- maggiore flessibilità. Diventa possibile rispondere in modo rapido, personalizzato e adattivo alla domanda, anche nelle nicchie o nelle piccole serie, perché l’essere in rete con altri consente di disporre di capacità addizionali o differenziate, o di competenze e lavorazioni rapidamente integrabili nel proprio ciclo produttivo. Ciò permette di ridurre significamene il time to market, mantenendo comunque un controllo affidabile sui tempi di consegna e sulle qualità delle forniture.
- maggiore creatività. Lavorando in rete è più facile innovare potendo coltivare una propria differenza creatività che anche altri utilizzano (e pagano), e potendo avere accesso a un pool differenziato di idee, risorse, capacità produttive”.
[...] Fra i vantaggi possibili (tratto da http://www.italoblog.it): [...]